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L’altra metà del cielo si scatena… sotto lo sguardo sornione del parroco
6 marzo 2017“NON UNA DI MENO” la giornata di sciopero nazionale delle donne indetta per l’otto marzo che si svolgerà nelle principali città italiane, approda anche nella (ridente) cittadina di Martina Franca. Tra i partecipanti e organizzatori locali troviamo le più attive associazioni di impegno sociale che la piazza offre: dal centro Antiviolenza “Rompiamo il silenzio” all’Amardown, dalla CGIL , alla associazione SALAM , e ancora la Librierranti e per finire l’ANPI. Un appuntamento importante, anche se purtroppo un po’ stereotipato, per un confronto tra donne e uomini, fatto con la speranza di rendere la giornata delle mimose un’occasione di riflessione e di lotta, anzitutto di lotta.
Perché di motivi per lottare le donne ( e si sperano con e per loro, padri, compagni, mariti o figli) ne hanno ancora parecchi: discriminazione nel mondo del lavoro, violenza di genere e misoginia, negazione dei diritti alla autodeterminazione e libertà di scelta per la salute e per la procreazione.
Quel che stupisce, ma poi neanche tanto, è sicuramente la improvvida location trovata dalle organizzatrici e manifestanti: i locali della parrocchia Cristo Re dei frati francescani, adiacenti alla chiesa.
Che si tratti di locali ormai adibiti a tutto e di più, dalle manifestazioni di partiti politici alle danze del martedì grasso fino ai corsi di formazione professionale , è risaputo: del resto, quale altro spazio così ampio e centrale abbiamo in città per conferenze o manifestazioni? ma pur sempre di locali parrocchiali si tratta, non di uno spazio neutro o quanto meno aperto.
Non ci pare realistico perciò che tra quelle quattro sacre mura, ( probabilmente IMU-esenti in quanto locali funzionali al culto) sotto lo sguardo bonario e benevolo del parroco, si parlerà ( ma sarebbe il caso invece di gridare, vista la sordità dilagante) di libertà della donna e di lotta all’obiezione di coscienza negli ospedali, .
La Chiesa non si sposta e non intende spostarsi di un passo dalle proprie posizioni sessite, misogine e maschiliste; queste idee, che sono anche dell’attuale pontefice, checché se ne dica, le diffonda pure tra i propri fedeli, nessuno vuole impedirlo.
E allora siano le donne a cercare altri spazi, altre situazioni, perché c’è voglia di ascoltarle ma le rivoluzioni non si fanno nelle sacrestie.
Ricordando Giordano Bruno ( di Roberto Nistri)
22 febbraio 2017
Roberto Nistri

Taranto, 17 febbraio 2017,ex Piazza Giordano Bruno ora Piazza Maria Immacolata
…Girovagare per Campo dei Fiori dove oggi riposa, nella solitudine propria dei monumenti, la statua di Giordano Bruno eretta nel 1889: fatidica epitome del libero pensiero, gli occhi fieramente rivolti verso quel Vaticano che lo spirito post risorgimentale vedeva come avversario della patria una e laica. Il 1888 era stato un anno segnato da duri scontri fra clericali e anticlericali. Dopo vani negoziati con la Santa Sede, il Crispi aveva dato sfogo alla delusione, scatenando una campagna che doveva culminare nella solenne manifestazione romana per l’ inaugurazione di un monumento al grande eretico, nel luogo stesso ove Giordano Bruno aveva trovato la morte sul rogo. La statua veniva commissionata allo scultore Ettore Ferrari, gran maestro della massoneria, che aveva disseminato in tutta Italia un numero incalcolabile di Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele a cavallo e via dicendo. Il 9 giugno l’orazione inaugurale venne tenuta dall’indiscusso specialista in laiche predicazioni, Giovanni Bovio che aveva dettato la bella epigrafe: A BRUNO , IL SECOLO DA LUI DIVINATO , QUI /DOVE IL ROGO ARSE.
A leggere queste prime pagine del libro sulla statua di Bruno e l’epigrafe di Bovio, non poteva non ritornarci alla memoria un episodio di storia jonica, che certamente avrebbe incuriosito Giovanni Artieri. Già un anno prima la città di Taranto si era mobilitata per sostenere la celebrazione dei filosofo “d’ogni legge nemico e dogni fede”, inviando al Presidente del Consiglio l’ordine del giorno dettato dall’avvocato Pietro Pupino-Carbonelli: “Taranto, commemorando oggi il martire del libero pensiero, Giordano Bruno, fa voti che nel luogo dove la ferocia della Curia romana arse vivo l “eroe in nome di Dio, sorga tosto il monumento che voto di popolo gli ha decretato, qual rivendicazione dovuta alla memoria del sommo filosofo, come protesta solenne della coscienza nazionale”. Questo ordine del giorno era stato adottato all’unanimità dai partecipanti alla manifestazione del 19 febbraio 1889, quando veniva intestata al filosofo nolano la piazza centrale del Borgo. Così la cronaca del periodico Taras: “Il Comitato, composto dalla rappresentanza municipale, con a capo il nostro Sindaco, Cavalier Vincenzo Sebastio e tutte le scuole, del Ginnasio Archita, delle Tecniche e delle elementari. Con parecchie associazioni, il corteo si muoveva al suono dell’inno, per recarsi dal palazzo di città allo scoprimento della lapide commemorativa …
“Mentre altri sindaci canonizzano insieme al clericalume i loro santi, il Sindaco di Taranto, insieme alla rappresentanza comunale, battezza la gran piazza del Borgo col nome più grande, più puro, “Giordano Bruno”. A questo punto l’egregio sindaco scopriva la lapide con l’epigrafe dettata da Giovanni Bovio (non meno bella di quella per Campo dei Fiori), su invito del Pupino Carbonelli: “CHI MUORE PER IL LIBERO PENSIERO , ONORA LA PATRIA , APPARTIENE AL MONDO” , BRUNO”.
Dopodiché il corteo si recava nell’atrio del ginnasio Archita, dove il pubblico veniva sfiancato dall’esimio professor Pellizzari, la cui conferenza doveva durare più ore (come annotava “La “Sentinella” , trattando tutto estesamente , tanto da annoiare un tantino ( (come riferiva il cronista di “Taras”).
E così la città ebbe la sua Piazza Giordano Bruno, che continuò per un pezzo ad essere luogo di conflitti fra fazioni, come l’anno successivo, i1 9 giugno, quando i cattolici fecero affiggere, sulla chiesa di San Domenico una epigrafe “riconsacratoria” della città.
I cittadini presero familiarità con il combattivo nome della piazza, ma nel contempo, a partire dal “patto Gentiloni”, incominciavano a smorzarsi i bollenti spiriti laici della classe dirigente tarantina: per frate Giordano tornavano i tempi brutti. Il Fascismo non poteva certo tollerare a lungo quella bandiera del “libero pensiero”, infissa al centro della città. Alla prima occasione la lapide scompariva e piazza Giordano Bruno veniva “normalizzata” e ribattezzata piazza Italo Balbo.
Alla caduta del fascismo scompariva il nome del barbuto gerarca. Per coerenza e senso storico sarebbe stato opportuno ripristinare la vecchia intestazione della piazza, sia perchè tutti i tarantini continuavano a chiamarla “Giordano Bruno” , sia perché questo nome ben avrebbe rappresentato la volontà di rinascita contro il dispotismo. E invece, sotto l’egida del commissario prefettizio, cav. uff. avv. Agilulfo Caramia, vecchio liberale e massone, si passava da Piazza Giustizia e Libertà a Piazza della Conciliazione, per approdare, infine, a Piazza Maria Immacolata (come si vede, la storia d’Italia in una piazza). L’avv. Temistocle Scalinci della commissione per la toponomastica, tentò nel 1946 di convincere il sindaco comunista Voccoli di ripristinare il vecchio toponimo e ci riprovò nel 1951 e nel 1957 con altre amministrazioni.
Tutto inutile: forse anche le forze politiche della “nuova Italia” non avevano in grande simpatia il “libero pensiero”. Comunque, per strade tortuose, il filosofo perseguitato ha continualo a resistere. La vecchia lapide venne ritrovata da Scalinci e fatta apporre a sud-est del Palazzo degli Uffici, ove l’epigrafe di Bovio continuava ad ammonire gli studenti che si accalcavano attorno ai telefoni.
Ma resisteva ancora l’abitudine di qualche vecchio tarantino che dopo tanti anni, continuava a chiamare la piazza centrale del Borgo: “ Piazza Giordano Bruno”. Recentemente alcuni amici del Libero Pensiero si sono premurati di affiggere in quella Piazza una piccola Targa, pronta a sfidare ancora una volta le intemperie della Storia…
( Roberto Nistri, il Quotidiano 5 aprile 1994)
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Per non dimenticare!
Il 17 febbraio 2017, “Gli Amici della Ragione” hanno doverosamente onorato la memoria del grande martire del Libero Pensiero, il filosofo meridiano e Cittadino dell’Universo, Giordano Bruno, che, distruggendo il castello di carta dei Tolemaici e il cielo delle stelle fisse, spalancava per la scienza i sentieri infiniti di un Universo senza limiti, aprendo la strada al grande Galileo, che traduceva Bruno, senza citarlo. Nato sotto una stella vagabonda, la sua felice eresia lo rendeva uccello di bosco della Filosofia, lo spingeva a battere tutte le strade d’Europa, ben accolto da tutti gli spiriti nobili e perseguitato dagli stolti abitatori del cielo asinino: scomunicato e perseguitato da tutti gli inquisitori dell’epoca: cattolici, luterani e calvinisti.
Solo, contro il “Vangelo armato”, Bruno perseguiva invece il sogno umanista del tollerante e civile conversare dei popoli, ricercando l’Unione nella Molteplicità . Nessun capo è assoluto, solo la diversità ci salva. Non inginocchiarti di fronte all’Unità, ricerca invece l’Unione nella fraternità…L’inaudita cosmogonia bruniana, l’Universo infinito che conferisce pari dignità a tutti i centri, ognuno dei quali portatori di responsabilità e titolari a pieno diritto di umanità.
Nel mondo capovolto e incendiato dalle guerre di religione, Bruno promuoveva la grande riflessione etica della modernità europea, che doveva trovare compimento nella kantiana riflessione sul nesso Emancipazione e Responsabilità. Cercava di promuovere , in coerenza con una cosmogonia che non conosce limiti e censure, muraglie e prigioni, che possono appagare solo i piccoli tiranni, propagandisti, dell’ignoranza e della paura. Il filosofo accende una lampada nel buio, ma è solo contro tutti i vessilliferi del Vangelo armato.
Negli anni a venire frate Giordano abiterà tuttavia fra le pagine dei grandi scienziati.
Come ha scritto Koyrè, si deve essenzialmente a Bruno e Galilei l’ l’affermarsi impetuoso della scienza moderna. La più grande e bella avventura: ad ventura, verso le cose future.
La danza delle stelle di cui lui si inebriava… come Einstein avrebbe sognato di volare a cavalcioni di un raggio di luce.
Gli eretici si affacciano sempre sull’orlo del precipizio. Ma quale grande scrittore non si è innebriato nelle pagine bruniane, a partire da Marlowe, che nel Faust vedeva Bruno fuggire da una prigione sul dorso di un drago. Si pensi alle scritture di Leopardi, di Joyce, di Brecht di Gadda, che amorevolmente chiamava Bruno “ l’abbruciato”. Vale per tutti la speranza bruniana: Ai venturi…
Certamente Bruno , come i veri profeti, rimane sempre un disturbatore del quieto vivere, che infastidisce il piccolo uomo che non vuole pensieri, pauroso di mettere il naso fuori dalla nigra spilonca. In Umbra lucis… Bruno appartiene a pieno titolo all’ Illuminismo. Nella cosmogonia bruniana, non vi è alto o basso, centro o periferia. Ogni individuo, tra infiniti centri irriducibili, è parimenti portatore di umanità e titolare di una incoercibile soggettività. Una società è felice quando tutte le diversità sono ugualmente rispettate. Non idolatrare l’ottusa Unità, ricerca invece l’unione nella Varietas. Si tratta di una grande riflessione etica che trova pieno compimento nella riflessione Kantiana. Valga il motto dell’Illuminismo: Sapere Aude! Abbi il coraggio di conoscere!
Non chiudere gli occhi, ma tienili ben aperti. Alza in alto lo sguardo verso gli infiniti mondi , per uscire dallo stato di minorità, di dipendenza. Ogni individuo, in quanto centro irriducibile di infiniti centri , comprende che nell’infinito universo tutti i centri hanno pari dignità: nessuno è esentato e ciascuno ha il suo carico di responsabilità: tale è il senso di una autentica democrazia.
Sentirsi padrone delle proprie decisioni. Non rimanere sotto tutela… Giordano Bruno rimane Maestro di Anarchia, come ha chiarito Aldo Masullo. L’Archè, il principio assoluto, l’auctoritas, è sempre la grande impostura. Nell’infinito, l’ordine umano è sempre Anarchico. L’ Essere padrone della propria sorte… La meravigliosa caparbietà dei sognatori…
Il pensiero in fumo, la lingua tagliata. La vittima annientata.
Il martirio di Bruno, il rogo a Campo de’fiori, rimane la più esemplare tragedia del fanatismo. Vergogna perpetua per i carnefici della verità, i silenziatori del canto della Ragione.
Venerdì 17 febbraio 2017. Roberto Nistri
ciao bella ciao bella ciao…
23 aprile 2016Quella che si sarebbe potuta archiviare come una perdonabile svista; una porcata sfuggita di senno per non essersi posti alcun problema nel concedere o meno il patrocinio e la sala comunale, visto che la richiesta per il giorno 25 aprile (casualmente anniversario della liberazione) , proveniva da una tranquillizzante associazione di devote di Medjugorje; un perdonabile errore causato dai fumi di incenso che annebbia palazzo di città: tutto questo non c’è stato, anzi. Non essendoci state né scuse nè ammissioni di errori, il tutto si sta trasformando in una tragicommedia dalle dimensioni smisurate che mette in ridicolo la città intera. Il convegno dei reazionari ultracattolici e omofobi, organizzato dalle pie donne e dall’associazione giuristi per la vita si terrà sotto le insegne dello stemma civico nella sala consiliare proprio il 25 aprile. La non troppo ingegnosa pezza per l’incidente sarebbe che è cosa buona e giusta, secondo il comunicato ufficiale dell’assessore Scialpi e del sindaco Ancona, dare spazio e libertà di parola a chiunque in nome della democrazia che viene festeggiata quello stesso giorno. Segue una non richiesta lezioncina sui valori costituzionali, poco convincente e raffazzonata, che offende l’intelligenza dei tanti sdegnati per la sponsorizzazione comunale e l’utilizzo della più simbolica sala del palazzo comunale nella data più simbolica della Repubblica italiana, quella della sconfitta del nazifascismo e della sua ideologia. Un anniversario che meritava di meglio. Anche una scusa più plausibile per essersene dimenticati.
No al convegno omofobo a Martina Franca: lettera aperta Anpi e Arcigay
23 aprile 2016
il presidente dell’associazione giuristi per la vita Avv.Gianfranco Amato
– Al Presidente della Provincia di Tarnato
Dott. Martino Carmelo TAMBURRANO
Via Anfiteatro, 4 – Taranto (TA)
*
– Al Sindaco del Comune di Martina Franca
Dott. Franco ANCONA
– all’Assessore con delega al Diritto alla Studio e Beni Culturali
Prof. Antonio SCIALPI
E p.c.
– Agli Organi d’Informazione
– A tutta la Cittadinanza di Martina Franca
LETTERA APERTA
Il 25 Aprile è la festa della Liberazione per tutti e non può essere macchiata da eventi di stampo omofobo
Lunedì 25 Aprile ricorre il 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Oltre a questo appuntamento fisso, che ogni anno rappresenta un piccolissimo omaggio a tutti coloro che, per renderci liberi e porre fine a ogni tipo di persecuzione, seppero mettere i valori di libertà e democrazia al di sopra di ogni cosa, persino della incolumità propria e dei propri cari, quest’anno si celebrano anche i 70 anni dal voto alle donne. E’ il 10 marzo del 1946 e le donne finalmente possono esercitare un diritto concesso loro dopo anni di battaglie. In quel momento un grande passo è stato compiuto. Quello che sarà l’art. 3 della nostra Costituzione fa già parte della vita italiana prima ancora di essere promulgato.
In questo clima di preparazione ai festeggiamenti, apprendiamo con sdegno e preoccupazione che nello stesso giorno, nella sala consiliare del Comune di Martina Franca e con il patrocinio dello stesso Comune e della Provincia di Taranto, si terrà un incontro il cui relatore sarà Gianfranco Amato, presidente dei “Giuristi per la vita”, una delle associazioni che con più convinzione si batte contro ogni riconoscimento dei diritti delle persone LGBT e contro la proposta di legge del reato di omofobia. E’ proprio lo stesso Amato che un paio di anni fa dichiarò a “il Giornale” che “se essere omofobo significa considerare l’omosessualità un peccato, ritenere che il sesso debba essere aperto alla trasmissione della vita, credere nei precetti della Chiesa, allora mi autodenuncio: dichiaro pubblicamente e con orgoglio ai funzionari dell’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) di essere un omofobo. Mandino nel mio studio gli agenti dell’Oscad (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) ad arrestarmi. Li aspetto”.
stop-omofobiaSi evince chiaramente come un evento con un relatore di questo tipo calpesti con violenza proprio quell’art. 3 i cui albori risalgono a quel famoso 10 marzo 1946 e che rende uguali tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
L’Anpi di Martina Franca – Sezione Fratelli Carucci, unitamente all’Arcigay di Taranto, condanna fermamente la concessione del patrocinio da parte del comune di Martina Franca e della Provincia di Taranto ad un convegno omofobo e allarmistico, capace solo di incutere paura e intolleranza nei cittadini e chiede in primis che l’evento non abbia luogo, revocando l’autorizzazione all’utilizzo di spazi pubblici comunali. Nel caso in cui tale convegno, che utilizza i bambini e la loro educazione per attirare più pubblico e veicolare paure e discriminazioni, non venga bloccato, chiediamo che il Comune e la Provincia ritirino immediatamente il loro patrocinio. E’ privo di ogni logica e coerenza il fatto che l’Assessorato alla Cultura del Comune di Martina Franca organizzi nella stessa sala consiliare per la mattina del 25 Aprile un incontro con le scuole, per tramandare i valori della resistenza, e nel pomeriggio si renda complice della morte della cultura dell’eguaglianza e del rispetto.
Fin da ora, annunciamo che l’ANPI di Martina Franca, nel caso in cui le nostre richieste cadano nel vuoto, ritirerà immediatamente il patrocinio concesso al Comune di Martina Franca per le celebrazioni in programma la mattina del 25 Aprile.
Non ci renderemo complici di un ritorno ad un passato oscurantista in cui colui che, ingiustamente e stupidamente, è considerato “diverso” da noi è un nemico da combattere.
Martina Franca, 20 aprile 2016
Sezione ANPI “Fratelli CARUCCI” di Martina Franca
Arcigay di Taranto
“Padre, sono gay”. La risposta di tre parroci
26 luglio 2015“Mi sono allontanato dalla Chiesa cattolica che avevo sedici-diciassette anni, quando ho capito come ero, ma ora che voglio andare a convivere con un uomo mi chiedo se è cambiato qualcosa e se sarò accettato”. Un sabato mattina assolato accompagniamo Giovanni, 25 anni, lineamenti delicati e fisico minuto, in giro per le chiese di Martina Franca alla ricerca di un prete. Chi altri potrebbe dargli una risposta?
Giovanni da ragazzo frequentava la parrocchia (come tutti in un paesino di poche migliaia di abitanti) e aveva anche pensato a farsi prete, ma poi la vita lo ha portato altrove, lontano dalla fede o più semplicemente quella non era una vera chiamata. Si confidò a diciassette anni con il parroco, ma questi non seppe dirgli nulla, doveva riflettere sul problema e lo invitò a tornare. Ma la sera stessa Giovanni trovò sulla bacheca della parrocchia l’invito ai fedeli a partecipare al primo family day, e capì che non c’era spazio per lui.
Ora lavora e sta per laurearsi, genitori e amici da anni sanno che è gay; Giovanni si presenterà così com’è realmente: un ragazzo tranquillo con amici, un uomo con il quale gli piacerebbe convivere, una persona omosessuale che da tempo non si nasconde più.
Vuole capire se al di là di quel che dice il papa alla televisione, è cambiato qualcosa nella Chiesa che non frequenta più.
Trovare un prete disponibile il sabato mattina alle dieci non è cosa semplice. Ci sono i matrimoni e fervono i preparativi per addobbare la navata con fiori, tulle e composizioni. In una chiesa il sacrista, o qualcosa del genere, rinvia Giovanni al pomeriggio ma dopo la messa; in un’ altra invece non c’è nessuno a cui chiedere, solo un paio di donne anziane che pregano e che lo seguono con lo sguardo, gruppetti accaldati di turisti, e il sottoscritto in fondo che fa da palo.
Alla fine ecco un prete disponibile, in una chiesa molto frequentata. L’approccio è quello stabilito: “Padre,sono molti anni che non vengo in chiesa, da quanto ho scoperto come sono”. Il sacerdote non chiede altro, annuisce e risponde al volo “capito”. A rendere tutto più chiaro, caso mai fosse rimasto qualche dubbio, Giovanni riporta le parole di papa Francesco e l’apertura verso gli omosessuali “Chi sono io per giudicare un gay?” .
Ma ecco la conferma che il papa, ammesso che volesse dire proprio quello, è lontano, si trova in Vaticano, lo si vede in televisione, qui siamo in una chiesa di un paese, e qui la gente, anche quella che segue Francesco, in realtà poi giudica, giudica e chiacchiera: il consiglio inaspettato è che occorre nascondersi.
Gli dice che ha un problema, deve ricevere un aiuto psicologico. Soprattutto deve puntare a formare una famiglia. Inoltre consiglia di studiare, fare sport, perchè deve diventare forte, un vero uomo è più forte di una donna, ma deve sposarsi.
L’ultimo consiglio è non parlarne mai con nessuno, non dirlo a nessuno tranne che ai genitori, e resistere all’attrazione. Concedendo però qualche deviazione, perchè se dovesse accadere durante questo percorso di guarigione di cercare degli uomini, non deve preoccuparsi, ma farlo in segreto, “conosco uomini di cinquant’anni con famiglia che lo fanno”
L’inizio è un pugno allo stomaco, Giovanni esce dalla chiesa amareggiato. Nascondersi? E se a ricevere quel consiglio da quel prete ci fosse stato il Giovanni frastornato di 16 anni che aveva appena capito di essere gay? come avrebbe reagito ? che vita avrebbe avuto? la buttiamo sul ridere, scherzando sul fatto che in quella chiesa addobbata oggi ci sarebbe potuto essere il suo di matrimonio, con mamma che piange…un bel matrimonio anche se di copertura.
Con il secondo va decisamente meglio, dipenderà dal fatto che è un prete più anziano e più colto, nel centro : passa subito al concreto dicendo che a breve la Chiesa terrà un sinodo sull’argomento, ma anche che grandissime aperture non ce ne saranno, verrà comunque richiesta la castità . “ mi rendo conto che è difficile, ma è il sacrificio in più che ti viene chiesto”.
Questo prete si mostra decisamente più amichevole e delicato, non è ostile, non giudica, tende la mano e vuole sapere altre cose della sua vita, il lavoro, la laurea da conseguire, e lo invita a ritornare da lui quando vuole, a non sparire di nuovo per tanti anni dalla Chiesa.
Ormai è passato mezzogiorno, il sole picchia forte e in giro non c’è quasi nessuno.
Il terzo e ultimo sacerdote è di una parrocchia semi periferica, e sembra affranto per il caldo e preso da altri pensieri.“devi essere casto, questo anzitutto”.
Ci tiene a precisare che le parole del papa vengono travisate dalla stampa, che siamo tutti peccatori davanti a Dio, lo dice l’antico e il nuovo testamento, come nel passo dell’adultera, e anche san Paolo, per il resto molte parole e poche risposte, sembra voglia parlare di sé e dei suoi studi, “io preciso che non ho mai avuto rapporti sessuali e sono convintamente eterosessuale” scandisce bene le parole, con una sottolineatura non richiesta. Continua dicendo che ha frequentato molti ambienti ma tra i preti non esiste il problema o comunque non se n’è mai accorto e infine giù con una rassegna di virtù eroiche di sante e di santi martiri che con l’argomento avevano ben poco a che fare. Pezzi di predica buoni per ogni occasione, cose difficili da capire, roba per teologi. In sostanza anche per lui Giovanni è nel peccato se continua su questa strada e non vive in castità, ma il tutto detto con meno comprensione e delicatezza rispetto al prete di prima.
Riaccompagno Giovanni a casa in un paese a pochi chilometri da Martina.
A quest’ora il matrimonio sarà stato celebrato da quel prete che invitava a nascondersi, e gli sposi saranno con gli amici al ricevimento.
Auguri agli sposi.
E auguri anche a Giovanni che non si sposa ma non si nasconde.
Giuseppe Ancona
Un Obolo Per Le Anime Del Purgatorio
21 luglio 2015Alleluia! Alleluia! Martina ha una nuova chiesa! Infatti riapre al culto la chiesa del Purgatorio, a pochi passi da San Martino , sorta nel 1649 e di proprietà della congrega dei preti di Martina.
Dopo anni di incuria e abbandono, la suddetta congrega ha finalmente deciso di salvare dal sicuro crollo la bistrattata e misconosciuta chiesetta, di cui molti ignoravano l’esistenza pensando fosse semplicemente lo sfondo della baracca del venditore di noccioline, ora sfrattato.
Costosi e ingenti i lavori per il restauro, sostenuti per ora con un mutuo acceso dai volenterosi prelati cittadini con a capo Don Martino Mastrovito.
I fedeli sono però avvisati: come si legge insistentemente sulla stampa, occorre far fronte alla spesa e perciò bisogna metter mano al portafogli, “sono attesi e andranno reperiti finanziamenti pubblici e privati”.
Senonché, come spesso accade quel mutuo ( di cui non è nota l’entità) verrà addossato, se non interamente ma certo per la maggior parte, sui cittadini martinesi e sulla collettività, e non solo sui generosi fedeli.
Poteva utilizzarsi quello spazio come luogo per conferenze, mostre, concerti per l’intera città, visto che alla fine lo pagheremo noi, e invece tornerà ad essere una chiesa di cui nessuno sentiva il bisogno.
Sappiamo che quando c’è da bussare a soldi, il clero locale non lo ferma nessuno; a parte le occasionali e puntuali contribuzioni comunali per feste, processioni, traslazioni e celebrazioni, come non ricordare ad esempio quel milione e ottocentomila euro reperito dal parroco di San Martino, tra regione e ministero dell’economia, per il restauro di Palazzo Stabile e per la realizzazione del Museo di San Martino? a proposito… dopo gli annunci trionfali di due anni fa (anno 2013), che fine ha fatto il museo della basilica? E poi c’è comunque un’entrata fissa, stabilita con legge regionale n. 4 del 4/02/1994, quella nascosta tassa del 7 per cento sugli oneri di urbanizzazione secondaria devoluti dal Comune alla curia per la manutenzione e costruzione degli edifici di culto (all’incirca una ventina di migliaia di euro l’anno).
Per la cerimonia di riconsacrazione prevista per il 22 luglio è annunciato l’intervento del vescovo Santoro, del vicario foraneo don Luigi con tutti i preti di Martina e inoltre del Sindaco Ancona, dell’assessore alla Cultura Scialpi ,del direttore della Soprintendenza Ressa e dulcis in fundo dell’assessore regionale alla cultura, fresco di nomina e di ex voto alla SS.Vergine Maria, Liviano.
A giudicare dall’affollata presenza di autorità locali che si confondono con consacranti e salmodianti senza che si capisca più il rispettivo ruolo, c’è da stare certi che dal Comune e dalla Regione arriveranno soldi, e tanti come sempre.
C’è da giurarlo sulle anime del purgatorio.
Giuseppe Ancona